giovedì, dicembre 22, 2005

Buon Natale.

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The Boy with Nails in his Eyes
Put up his Alluminium tree.
It looked pretty strange
Because he couldn't really see.


Tim Burton, Melancholy Death of Oyster Boy & Other stories.

lunedì, dicembre 12, 2005

Getting laid...

Vorrei che il mondo fuori fosse uguale al mondo dentro la mia testa. Purtroppo mi capitano giornate dove è lampante che la differenza sia abissale.

Nella mia mente appena ci vediamo il fiato comincia a mancare; un lungo sguardo, in silenzio, una specie di tremore agli arti e indecisione sul da farsi. E' forse la cosa migliore? Ci avviciniamo senza proferire una parola, gli occhi rimangono incollati su quelli dell'altro e cominciano a loro modo l'amplesso visivo. Ci agganciamo, ci baciamo ma è meglio dire ci mangiamo; la foga ci fa sbattere contro il muro, ingarbugliare i capelli. Attorno a noi non esiste niente e glielo leggo negli occhi che lui pensa esattamente le stesse cose. I vestiti non ce li togliamo ce li strappiamo direttamente, li sbattiamo per la stanza, sul lampadario, sul termosifone. Mentre sono sopra lo guardo; il viso sudato, gli occhi socchiusi, le labbra semiaperte in quella sua smorfia che mi fa impazzire. Le mani calde e rosse mi scostano i capelli dietro l'orecchio e lui mi guarda ancora in quella maniera e mi sussurra con la sua voce roca qualcosa che non riesco bene a capire ma che solo il suono mi fa ribaltare lo stomaco.

In realtà lui mi spoglia frettolosamente, si spoglia e spreca circa 15 minuti a piegare i propri vestiti e posarli sulla sedia perchè "il mio pavimento è pieno di polvere da fare schifo". Mi bacia con tanta di quella saliva che ho il sospetto mi voglia annegare e spalanca la bocca emettendo rumori tipici dei capodogli in pericolo di morte. Oltretutto il suo alito puzzolente di tequila e vodka non fa che sottolineare la romantica atmosfera della serata. Ogni alitata e mi giro all'insu' senza neanche darmi troppa briga di fingere interesse.
Mi afferra le tette e me le palpa come se stesse per plasmare un posacenere con il das, inutile ricordargli che il seno è una ghiandola e non una protuberanza gommosa creata al solo scopo di essere plasmata come argilla.
Che è arrapato lo si sente senza problema ma pare che voglia sottolinearmi la sua foga sbattendomi tra l'incavo dei due materassi del letto con il braccio girato di 180° nella posizione più scomoda che il corpo possa concedere di mettersi.
Quando è al culmine (vorrei far sottolineare la terza persona singolare) imita l'elefante spruzzando tutto sul mio copriletto appena uscito dalla lavatrice, se ne frega altamente di me e delle mie bestemmie e se ne va al cesso.

domenica, dicembre 11, 2005

C'è chi ha le nausee mattutine e chi ha le nausee da derby. Solo che nel primo caso hai qualcosa della quale gioire nel secondo quasi mai.

sabato, dicembre 03, 2005

My Sanctuary

Avete un posto preferito? Io ce l’ho. Non so se è proprio il mio posto preferito però è un luogo che mi tocca il cuore in qualche modo e non so bene trovare il motivo. Mi affascina per la decadenza che sprigiona, metro dopo metro.

Il posto si chiama Consonno.


Consonno era un piccolo borgo situato
ora in provincia di Lecco. Un normale paesino agricolo. Il suo destino fu però deciso durante l’epoca della speculazione edilizia da un Conte con una grande voglia di sperperare denaro e manie di grandezza. Decise di comprare il paese, cacciarne la gente e radere al suolo la sommità della collina. La sua idea era quella di costruire una specie di paese dei balocchi.

Un parco a tema forse. Locali, negozi, discoteche, hotel; tutto in stile orientale. Si comincia a costruire; l’albergo e i negozi in stile arabo sui quali trionfa un alto minareto, la discoteca, pagode e ponticelli cinesi, colonne greche (che poco centrano con lo stile orientale ma vabbè)… lungo la strada archi di ferro decantano le lodi del paese “Consonno il paese più piccolo e più bello del mondo” o “A Consonno si è sempre felici” e via dicendo.

La gente arriva, forse si diverte, forse lo trova bello, forse folle…

Ma qualcosa comincia a non andare, la strada per raggiungere il paese crolla, i materiali scadenti usati per costruire cominciano a cedere ed a poco a poco, struttura dopo struttura Consonno comincia a diventare una città dei balocchi fantasma.


E la decadenza prende piede. Gli archi sono arrugginiti, le lettere mancano o sono illeggibili. Dopo 30 anni la flora ha preso il sopravvento, i ponticelli cinesi sono pericolanti. La grande struttura araba è ancora piena zeppa di divani, letti, coperte, tutte alla moda dei tempi. Salendo per la stradina diroccata si trovano lampioni sradicati per terra, edifici distrutti.


Ed è questo che mi piace di questo posto. L’emozione che mi da questa atmosfera. Il contrasto della bruttezza e del fatiscente con il “paese più bello del mondo”. Trovare l’arte in queste cose forse è difficile, e son sicura che molti mi reputino pazza. Ma per me c’è ed è li. Un arte beffarda certo, un arte che racchiude da una parte l’esagerata follia umana e dall’altra la lenta ma costante rivincita naturale. Uno schiaffo per l’uomo ambizioso oltre ogni limite, uno schiaffo alla bellezza. L’altra faccia della medaglia; la bruttezza, la tristezza, la miseria. Edifici che urlano a gran voce “La felicità non sta più qui”, ora c’è solo terra, erba, mattoni caduti, famiglie che fanno pic nic primaverili sui prati circostanti, ragazzini che prendono a pallonate i lampioni per vederli cadere. E poi ci sono io; eterna affascinata delle cose labili. Eterna amante delle cose che deperiscono, delle ironie della vita. Ed ogni volta che percorro quella stradina tra i boschi e vedo scorgere a distanza la punta del minareto mi si stringe lo stomaco. Perché quello è il mio santuario. Ci sono posti che per alcune persone fungono da santuario. Di estetica, di bellezza, di emozioni contrastanti anche di indifferenza perché no. Come può un posto così essere bello? Non riesco a spiegarlo, o forse non lo so. Ma la misticità è data forse anche da questa confusione che mi trasmette… Consonno il luogo dei contadini sfrattati, il luogo di divertimento dove i miei genitori passarono i loro primi mesi insieme e ora luogo che decade, mattone dopo mattone, guardato con distacco dagli unici residenti: un gruppo di vecchi di una casa di riposo, che sorvegliano placidamente quello che un tempo fu e forse non è mai esistito davvero.



Nelle foto; il minareto ed un ponticello cinese su uno stagno. Foto prese da www.consonno.it
Se vi interessa avere altre informazioni visitate il sito qui sopra.