giovedì, agosto 17, 2006

Berlin part 2

La colazione nella nostra pensione viene servita in una stanza attorno ad un grande tavolo tutti insieme, questo già crea dei problemi al mio moroso che è antisociale per eccellenza. Entriamo e ci troviamo una manciata di pensionati tedeschi (a quanto pare il target classico dell'albergo) che parlano tra di loro in allegria. Non capiamo assolutamente nulla ma scorgiamo la parola "italienisch italienisch" ripetuta diverse volte. Appena capiscono che NOI siamo italienisch cala un certo silenzio nella sala e tutti cominciamo a mangiare con rigore.
La mattina andiamo al Checkpoint Charlie; ed è proprio una cagata. Il terzo checkpoint americano non è altro che una fila di negozietti dove vendono qualsiasi cosa riguardante il muro, qualche imbecille vestito in divisa che si fa fotografare con i soliti turisti squallidi e le riproduzioni dei cartelli "You're leaving the American Sector bla bla". Apprezzabile solo le foto e i cartelloni esplicativi che ho solo letto per metà grazie a qualcuno che si era stancato di leggere "cose tutte uguali".

Non ci tratteniamo molto in questo posto inutile e ci dirigiamo (rigorosamente a piedi ... evidentemente odiamo la comodità) al Museo Ebraico.
La prima parte è davvero atroce. Nel senso crudo della parola. Il pavimento è in salita e storto, un senso opprimente e tortuoso per risaltare la storia del popolo. All'interno si incrociano due assi; L'asse dell'esilio rappresenta le varie emigrazioni ebraiche e porta al Giardino che altro non è che un campo di colonne di cemento su di un terreno ciottolato e inclinato che ti da una sensazione strana di malessere e nausea camminarci dentro. L'asse dell'olocausto invece porta alla Torre dell'olocausto; uno spazio vuoto e freddo dentro una torre con una piccola luce che filtra solo dall'alto per ricreare la sensazione di perdita di umanità cultura e vita.
L'altra parte del museo parla della storia del popolo ebraico con molti contenuti interattivi e divertenti che stemperano non poco il senso di malessere che si ha all'entrata.
Il pomeriggio ci facciamo un giro per il quartiere ebraico giusto per rimanere in tema e passiamo qualche ora sprofondati nelle grandi poltrone di Starbucks a farmi la mia dose di frappuccino e muffin (una delle grandi pecche italiane ma volete aprire un cazzo di Starbucks???).
La mia brillante idea di salire sulla torre della televisione ci fa sorbire circa 50 minuti di coda con un ciccione italiano che si crede di fare il brillante continuando a dire stronzate come "ah si nella seconda entrata c'è molta meno coda ohohoh".

Il giorno dopo piove e decidiamo di andare a vedere lo Stadio Olimpico. Ovviamente disseminato di italiani che intonano i loro cazzo di "poropopo" e appendono bandiere italiane sugli spalti (tempo 30 secondi ed un omino tedesco esce con cattiveria e strappa via ogni bandiera). Anche lo stadio come il resto di Berlino non è da meno in quanto a storia.
I resti dello Stadio Olimpico costruito da Hitler nel '36 ci raccontano più di quanto mi sarei aspettata e la gita che era iniziata come qualcosa di puramente celebrativo diventa ancora una volta storia pura girando tra i vari cartelloni esplicativi.

Il pomeriggio invece andiamo a Fridrichstein a vedere la East Side Gallery, la parte più lunga del muro rimasta, 1 km e mezzo di graffiti posti sul lato est, quello che durante la divisione era intoccabile, bianco e lindo. Ed è li che ti rendi conto di quanto atroce era vivere con un muro; lo vedi snodarsi lungo la strada e seppur lungo poco più di un kilometro ti da quella strana sensazione di oppressione che ti fa pensare; se mi sento oppressa io per un minimo pezzo di muro chissà come ci si poteva sentire in gabbia a viverci in quel periodo.

continua...

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